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Il cinema racconta ...

CULTURE


* A SPASSO CON DAISY

di BERESFORD BRUCE, USA 1989, 99 '

Tra il 1953 e i primi anni Settanta, in Georgia, si sviluppa il rapporto tra una vecchia, bizzosa e burbera signora e

il suo autista di colore, rapporto tra padrona riluttante e servitore saggio che si trasforma in un'amicizia solidale.

In filigrana al racconto s'iscrive, con delicatezza, un discorso sul razzismo e sulle minoranze etniche negli USA.

* ADDIO MIA CONCUBINA

di KAIGE CHEN, CIN 1993, 169'

Rievocazione della grandezza e delle miserie dell'Opera di Pechino attraverso mezzo secolo (1925-77) di storia

cinese. È la tela di fondo di una storia d'amore e di amicizia tra due attori, legati per sempre dai ruoli del re e della

sua fedele amante nell'opera Addio mia concubina. Il vincolo omosessuale si spezza quando uno dei due sposa

una prostituta. Epilogo tragico.

* AMERICA OGGI

di ALTMAN ROBERT, USA 1993, 188'

Da 9 racconti (e dalla poesia Lemonade: l'episodio con Jack Lemmon) di Raymond Carver. Nella sua mescolanza

di generi e di toni questo grande capitolo della saga americana di Altman è una commedia umana dove si può

trovare di tutto, come nella vita. Come Carver – di cui sviluppa i racconti, modificandoli e allacciandoli l'uno all'altro

– il regista di Nashville non interviene a commentare i fatti: si limita a raccontarli con lucidità, dolente

partecipazione e una libertà che lascia allo spettatore la possibilità del giudizio. Si apre con un minaccioso volo di

elicotteri e si chiude con una scossa di terremoto a Los Angeles dove si svolgono le storie, ambientate da

Carver a Seattle o Portland. C'è chi ha trovato quest'affresco troppo amaro, impietoso, disperato. Altman non ha

bisogno di alzare la voce per fare l'apocalittico. America oggi? Ma qui si parla anche di noi.

* ARANCIA MECCANICA

di KUBRICK STANLEY, USA 1971, 130 m

Dal romanzo (1962) A Clockwork Orange di Anthony Burgess: in una Inghilterra di un non molto lontano futuro

Alex e i suoi Drughi si dedicano di notte allo sport dell'ultraviolenza, arrestato per omicidio e stupro, Alex è

sottoposto a un lavaggio del cervello che lo rende inoffensivo, ma quando esce si trova in un mondo più violento

di quel che era ai suoi tempi. Dei 3 film di Kubrick che si possono considerare fantascientifici è il più violento e

quello in cui parla più del presente, appena caricato di connotazioni future. Come gli altri due, è una favola

filosofica che illustra con geniale lucidità il suo discorso sulla violenza e sul rapporto tra istinto e società anche

se nemmeno lui, pur nel suo palese sforzo di stilizzazione grottesca, si è sottratto ai rischi che si corrono al

cinema nell'illustrazione della violenza. Geniale l'uso della sinfonia rossiniana della Gazza ladra (1817),

arrangiata da Walter Carlos e Tachel Elkind.

Analisi del film: G. Cremonini, Stanley Kubrick. L'arancia meccanica, Lindau, Torino

* Ararat - Il monte dell'Arca

di Egoyan Atom, 2003,

Il regista di origine armena tesse una storia complessa in cui i destini di due famiglie, una di origine armena e

l'altra canadese, si incrociano al solo scopo di riuscire ad approfondire l'analisi di sé. Il film è anche l'opportunità

di parlare del doloroso passato del popolo armeno che subì un vero e proprio massacro da parte dei Turchi,

prima durante e dopo la Prima Guerra Mondiale. Una drammatica pulizia etnica che Egoyan preferisce lasciar

raccontare ad un alter ego d'eccezione, Charles Aznavour, che per l'occasione lascia il mondo della musica per

vestire i panni di un famoso regista, Edward Saroyan, sul set del suo film incentrato appunto sull'assedio turco di

Van, in cui immagina il pittore espressionista Arshile Gorky, vivere ancora adolescente quel terribile evento.

* BAGDAD CAFE'

di ADLON PERCY, 1987,

In una zona desertica tra Disneyland e Las Vegas c'è una stazione di rifornimento con bar e motel. Arriva a

piedi, trascinandosi una valigia, una imponente turista quarantenne di Monaco di Baviera e vi si installa. Come la

Sägebrecht, rotonda eroina di Sugar Baby (1985), porti luce, ordine, pulizia e allegria nel sordido Bagdad Café è

l'itinerario di un film accattivante, caloroso e astuto che, dopo Herzog e Wenders, propone un altro sguardo

tedesco sull'America.

* IL BAGNO TURCO

di OZPETECK F., ITA , 95'

Logorato dal lavoro e da un matrimonio stanco senza figli con Marta, compagna e socia nella professione,

Francesco, giovane architetto romano, va a Istanbul dove ha ereditato una vecchia casa da un'eccentrica zia

materna. Il soggiorno gli cambia la vita, facendogli scoprire nuovi valori tra cui quelli dell'Eros

* BANCHETTO DI NOZZE

di LEE ANG, TAIW-USA 1993, 111'

Giovane cinese omosessuale che ha fatto carriera a New York finge di sposare una compatriota pittrice che ha

bisogno di rinnovare il permesso di soggiorno per mettere il cuore in pace ai genitori ai quali non ha mai

confessato di essere gay

* BLADE RUNNER

di SCOTT R., USA 1982,

Nella Los Angeles del 2019 ex poliziotto torna in servizio per ritirare dalla circolazione due uomini e due donne

“replicanti”, androidi prodotti di un'ingegneria genetica, così perfetti da risultare indistinguibili dai normali esseri

umani. Ispirato al romanzo Ma gli androidi sognano pecore elettriche? (1968) di Philip K. Dick, è il miglior film di SF

degli anni '80; dopo Metropolis (1926) di F. Lang nessun film, forse, aveva proposto un'immagine così suggestiva

e terribile del futuro come la metropoli multirazziale, modernissima e decadente.

Analisi del film: R. Menarini, Ridley Scott. Blade Runner, Lindau, Torino

* IL BUIO OLTRE LA SIEPE

di MULLIGAN R., USA 1962, 2H 49

Alabama. Avvocato difende e dimostra l'innocenza di un nero accusato di aver sedotto una bianca. Ma il

giovane, condannato, fugge. Dall'omonimo romanzo di Harper Lee, un film coraggioso che si sviluppa a ritmo

incalzante, con un'ottima descrizione della provincia americana, una intelligente descrizione dei personaggi e

poca retorica. Ebbe 7 nomination e due Oscar

* LA CADUTA DEGLI DEI

di VISCONTI LUCHINO, ITA 1969, 121'

Storia della famiglia tedesca degli Essenbeck, industriali metallurgici, nel biennio 1933-34, dall'incendio del

Reichstag alla “notte dei lunghi coltelli” in cui le SS fecero strage delle SA. Poeta del negativo, Visconti riprende

qui – tenendo d'occhio Macbeth di Shakespeare, I demoni di Dostoevskij, Götterdämmerung di Wagner e Thomas

Mann – la sua vocazione di registratore di crolli, profanatore di romanticismi, cantore di corruzioni e dissoluzioni.

Forzature, dissonanze, compiacimenti sono i peccati minori di un film dal ritmo spiccio, di fosca potenza, con una

compagnia internazionale di attori di prim'ordine

* CANE RANDAGIO

di KUROSAWA AKIRA, 1949,

Derubato della pistola, giovane poliziotto, travestito da barbone, setaccia i quartieri malfamati di Tokyo finché

identifica il ladro e ingaggia con lui una lotta mortale. Storia di un'indagine poliziesca e di una ricerca morale,

questo film straordinario è anche quella di un'amicizia e di un'iniziazione, un bellissimo documentario su una

metropoli in mutazione, una straziante sinfonia dei bassifondi

* IL CARO ESTINTO

di RICHARDSON TONY, 1965, 115'

Dal romanzo (1948) di Evelyn A. Waugh: giovane poetastro britannico, sbarcato a Los Angeles, si mette in

contatto con Radure Sussurranti, ditta esclusiva di pompe funebri, per i funerali dello zio suicida. Con l'apporto

degli sceneggiatori Christopher Isherwood e Terry Southern, il regista, forte del successo di Tom Jones, tira

fendenti satirici sui pilastri del modo americano di vivere: culto dei morti, TV, pubblicità, superalimentazione,

zoofilia, misticismo fumoso, consumismo, non risparmiando Hollywood, le forze armate, gli speculatori edilizi, la

missilistica. Sgangherato, pletorico e insieme lacunoso, il film offre una memorabile galleria di ritratti al vetriolo

grazie a una folta compagnia di attori che comprende anche la preziosa incarnazione di erotismo funebre,

Anjanette Comer

* IL CERCHIO

di Panahi, Jafar, IRAN-ITA 2000, 91

Dalla finestrella di un ospedale a quella di un carcere: in mezzo 8 piccole storie di donne (una delle quali

invisibile), accomunate da un destino di sottomissione umiliata in una società fondata sul potere maschile. Lo

sfondo è Teheran dove incombe, efficiente, la presenza occhiuta della polizia, la cui violenza strisciante è

radicata nello stato delle cose. Il titolo indica la circolarità tematica – l'impossibilità di una via di fuga – ma anche la

sua struttura narrativa: il movimento della cinepresa che passa da una donna all'altra, da un dolore all'altro. Gli

occhi delle donne sono ora rassegnati, ora fieri e ribelli.

* DERSU UZALA

di KUROSAWA AKIRA, 1975,

Da due libri di viaggio di Vladimir K. Arseniev: nel 1902 in una zona selvaggia lungo il fiume Ussuri ai confini con

la Manciuria, Dersu Uzala, solitario cacciatore mongolo senza età né fissa dimora, incontra la piccola spedizione

cartografica del capitano russo Arseniev con cui si lega di profonda amicizia e al quale salva la vita. Nel 1907

secondo incontro in cui è il russo che salva la vita al vecchio cacciatore.

* E.T. L'EXTRATERRESTRE

di SPIELBERG STEVEN, USA 1982,

Abbandonata dalla sua astronave in un bosco della California, una piccola creatura galattica è aiutata da un

ragazzino che la nasconde nella propria casa. Saranno ritrovati e catturati da un esercito di poliziotti e scienziati.

Un'orgia di carineria, una macchina perfetta il cui combustibile è fatto di zucchero e di una miscela calcolatissima

di umorismo e melodramma, pathos e invenzioni comiche, buoni sentimenti e critica ai valori costituiti, grande

spettacolo tecnologico e coinvolgimento emotivo, rimandi culturali ed effetti speciali. Costato un milione e mezzo

di dollari e frutto dell'ingegno di Carlo Rambaldi, il piccolo pupazzo elettronico è la carta vincente di questa favola

per bambini di tutte le età, munita anche di un messaggio: bisogna avere gli occhi (il cuore, la fantasia) di un

bambino per capire e accettare i “diversi”

* East is East

di O'Donnel, Damien, GB 1999, 96'

A Salford, sobborgo di Londra, nel 1971, abita George Khan, negoziante pakistano e musulmano osservante,

con moglie cattolica del Lancashire e sette figli – una femmina e sei maschi, uno dei quali è gay – contaminati

dalla cultura free degli anni '70. Da una pièce di Ayab Khan Din, messa in scena con successo al Royal Court

Theatre e adattata dall'autore, un drammatico conflitto culturale e familiare risolto in cadenze di commedia con

risvolti farseschi, talvolta beceri

* L' ESTATE DI DAVIDE

di MAZZACURATI CARLO, ITA 1998, 100'

Superato l'esame di maturità a Torino, Davide (S. Campi) investe i suoi pochi risparmi in una vacanza nel

Polesine, in casa degli zii, dove si innamora di Patrizia (P. Piccinini), più anziana di lui e più torbida di quel che

sembra, e fa amicizia con Alem (S. Mujic), energico ragazzo bosniaco. La prima esperienza sfocia nel dolore e

nella disillusione, la seconda in un epilogo tragico. Davide, sopravvissuto, torna a Torino, alla sua vita precaria.

Dieci anni dopo l'esordio in Notte italiana (1987), Mazzacurati torna con il suo 6o film nella natia Bassa veneta. È

un dolente racconto di formazione, scritto con Claudio Piersanti, che è anche la sua opera più modernamente

pittorica (fotografia dell'ottimo Alessandro Pesci), contrassegnata da una lentezza che sconfina nell'astrazione:

“Il paesaggio ... si abbandona a questa lentezza, la riconosce come propria; non si limita a reinventare lo spazio,

a creare una sorta di vuoto bressoniano attorno al rilievo plastico dei corpi, ma va oltre” (Tullio Masoni)

* UNA ESTRANEA FRA NOI

di LUMET SIDNEY, USA 1992, 110'

Per identificare l'autore di un assassinio per rapina, una poliziotta di New York s'introduce nella comunità

hasidica di Manhattan. Quasi certamente il colpevole è uno di loro o qualcuno che li conosce bene. Più di quello

apparente, conta il contenuto latente: la metamorfosi di Emily, quel che impara a contatto con un mondo dove

vigono valori che le sono estranei. Indurita dalla vita, scopre la dolcezza.

* FUGA DI MEZZANOTTE

di PARKER ALAN, GB 1977, 121'

Arrestato all'aeroporto di Istanbul con due chili di hashish, il giovane americano Billy Hayes viene condannato,

prima a quattro anni e poi all'ergastolo e rinchiuso in un terribile carcere dal quale riesce a evadere. Ispirato a un

fatto di cronaca (raccontato dallo stesso Hayes e William Hoffer nel libro Midnight Express), dopo un primo

tempo in cui la sobrietà è pari all'efficacia, il film si trasforma in uno spettacolo sensazionale all'insegna di un

effettistico sadomasochismo

* IL GIARDINO INDIANO

di MURRAY M. MC, GB 1980,

Rimasta vedova, Helen decide di dedicarsi al giardino esotico che il marito aveva “costruito” in molti anni, dopo il

loro ritorno dall'India. È aiutata da Ruxmani, un'indiana sua vicina con la quale fa amicizia. Scritto da Elisabeth

Bond e diretto dall'esordiente M. McMurray, è un film elegante al femminile di una malinconia evocativa e

struggente

* GOSFORD PARK

di Altman Robert, 2001, 137'

1932, Inghilterra: un gruppo di invitati eccellenti si reca nella tenuta di Gosford Park per un week-end di caccia.

Al piano nobile si sistemano i padroni, in quello sottostante i servitori. Due mondi destinati a entrare in conflitto: e

a Mezzanotte ci scappa il morto. Un balletto di vittime e carnefici firmato da Robert Altman, il grande vecchio di

Hollywood.

* GRAND CANYON

di KASDAN LAWRENCE, USA 1991, 134'

Mentre un avvocato va in panne in un quartiere malfamato di Los Angeles, sua moglie trova un neonato

abbandonato e vuole tenerlo, un produttore di film violenti viene rapinato e ferito... è un racconto corale

attraverso le storie intrecciate di vari personaggi. Abilmente costruito, ricco di rime interne, ben recitato, è un film

che mette a fuoco le ragioni del malessere urbano con un moralismo schematico dov'è difficile separare

l'ingenuità americana dall'assillo un po' ruffiano di piacere. Orso d'oro a Berlino e una candidatura all'Oscar per la

sceneggiatura.

* INCONTRI RAVVICINATI DEL TERZO TIPO

di SPIELBERG STEVEN, USA 1977,

Dopo due contatti (avvistamento, reperimento di tracce) con gli UFO si aspetta il loro arrivo in una zona del

Wyoming. Un padre di famiglia, una donna il cui bambino è misteriosamente scomparso e uno scienziato

francese stanno all'erta.

E l'UFO atterra.

Sapiente costruzione drammatica in due tempi affidata alla suspense, tipica del cinema spielberghiano. Ma c'è

qualcosa di più: una indubbia carica mitica di timbro junghiano, un discorso sulla pace e l'amicizia con razze

extraterrestri. È l'opera di un sognatore per sognatori.

* L' INVASIONE DEGLI ULTRACORPI

di SIEGEL DON, USA 1956, 80'

Strani invasori dello spazio atterrano sotto forma di baccelli in una tranquilla cittadina e a poco a poco occupano i

corpi dei suoi abitanti, alterandoli. Un piccolo grande film di fantascienza degli anni '50. È la scrittura asciutta,

concreta, essenziale di D. Siegel che lo trasforma in una parabola di inquietante suggestione, così sottile nella

sua ambiguità che fu interpretato come una parabola sia anticomunista sia antimaccartista. La prima parte

sembra dar ragione ai primi, il finale ai secondi.

* L' INVITO

di GORETTA C., 1973,

Modesto impiegato invita colleghi e superiori nella villa di campagna, acquistata con un'eredità, dove fa da

maestro di cerimonia un impeccabile maggiordomo. Si scatenano invidie, impulsi erotici, insofferenze. Sulla scia

di Dürrenmatt e Max Frisch, questa commedia di costume traccia un graffiante ritratto del conformismo elvetico e

dell'ipocrisia borghese. Divertente, coerente, ben costruito, recitato benissimo da tutti.

* KOLYA

di SVERAK JAN, CEC 1997, 105'

Praga, 1988. L'anziano Louka (Z. Sverák), esimio violoncellista disoccupato, indebitato e scapolo sottaniere,

accetta per denaro di sposare una russa (L. Safranková), madre di Kolja (A. Chalimon) di cinque anni, per

permetterle di acquisire la cittadinanza ceca. Ottenutala, la donna se ne va in Germania, lasciando Kolja alla

nonna che, però, ha un infarto e muore. Kolja passa a Louka. Rapporto difficile: il musicista non parla il russo, il

bambino non sa il ceco. Intanto la macchina burocratica si mette in moto. Si vorrebbe mandare Kolja in un

brefotrofio russo, ma è ormai la fine del 1989, il regime socialista crolla. Finale logico e agrodolce. “È fatto di

spostamenti progressivi del ‘sentire’ l'emozionante avvicinamento tra il vecchio e il bambino. Per il musicista si

tratta di scoprire il luogo della comunicazione da dove arrivano i messaggi del bambino: la reticenza, il dolore, la

solitudine, l'istinto al gioco” (Silvio Danese)

* LA MIA AFRICA

di POLLACK, USA 1985, 161'

Nel 1914 la danese Karen Blixen, futura scrittrice, arriva a Nairobi per un matrimonio di convenienza con un

barone tedesco che la trascura. S'innamora di un avventuriero inglese idealista. Intanto conosce l'Africa e

matura. 7 premi Oscar (film, regia, musica, scenografie, sceneggiatura, suono, fotografia) per il più accademico

dei film di S. Pollack: prolisso, un po' leccato, romanticissimo, quasi fotoromanzo. Ma c'è un lirismo autentico di

fondo che lo riscatta. Per chi ha il mal d'Africa. Sceneggiatura di Kurt Luedtke, basata sul libro omonimo (1937) di

ricordi di Isak Dinesen, pseudonimo di K. Blixen (1885-1962)

* MOMENTO DI UCCIDERE

di SCHUMAKER, ,

Dal romanzo di John Grisham. Nel Mississippi due balordi bianchi razzisti uccidono, dopo averla violentata, una

bambina nera di dieci anni. Il padre, uomo pio, li uccide davanti a tutti. Aiutato da una bella assistente e da un ex

avvocato con qualche scheletro nell'armadio, un giovane avvocato bianco cerca di evitargli la condanna a morte

* My Beautiful Laundrette

di FREARS STEPHEN, 1985,

Rampollo di una ricca famiglia pachistana a Londra mette su una lavanderia e si prende come socio un coetaneo,

inglese e povero, che è anche il suo amante. Il rapporto padrone-servo complica le cose. Una bella e

competente sceneggiatura dell'anglo-pachistano Hanif Kureishi, l'intelligenza registica di S. Frears, attori giusti,

un rapporto d'amore trasgressivo spiegano il grande successo internazionale di questo piccolo film girato in 16

mm per la TV. “La carta vincente del film è senza dubbio la sua apparente semplicità, sotto la quale però

lavorano un cinismo e una freddezza pungenti, rintracciabili soprattutto attraverso i film successivi di Frears” (E.

Martini).

* NELL

di APTED MICHAEL, USA 1994, 113'

Medico di paese della Carolina del Nord scopre nella foresta una ragazza che ha trascorso ventisei anni in

completo isolamento dal mondo civile con la madre, che soffriva di una grave paresi facciale, dalla quale ha

imparato una specie di strano idioma infantile. Con l'aiuto di una psicologa di città, il medico si occupa di lei,

impedendone il ricovero a scopi di studio. Tratto dal libro di Mark Handley Idioglossia e ispirato a un fatto vero

* L' ODIO

di KASSOWITZ MATHIEU, FRA 1995, 95'

Venti ore – una giornata balorda e una notte brava – nella vita di tre giovani proletari – un bianco ebreo, un

maghrebino e un africano – alla deriva tra il quartiere di Muguets, a 30 km dalla torre Eiffel, e il centro di Parigi.

Nel loro vagabondare c'è disperazione, rabbia, odio. Capofila dei film di banlieu – tendenza del cinema giovane

francese alla metà degli anni '90 che racconta la lacerata realtà della periferia metropolitana (parigina, ma non

soltanto) – i suoi meriti sono soprattutto stilistici: attori, dialoghi incalzanti a ritmo di rap (che traduzione e

doppiaggio italiano faticano a seguire), musica reggae, sapiente costruzione drammatica, abilità nelle digressioni,

bianconero sporco e allucinato

* IL PRANZO DI BABETTE

di AXEL GABRIEL, 1987,

Al servizio di due vecchie signorine norvegesi, Babette Hersant, cuoca francese emigrata, spende una forte

somma vinta alla lotteria per allestire un pranzo per dodici persone che è un'opera d'arte gastronomica. Tratto da

un racconto (nel volume Capricci del destino, 1958) di Isak Dinesen, pseudonimo di Karen Blixen, è un piccolo

gioiello di delicata grazia e di struggente eppur serena malinconia

* IL RAGAZZO SELVAGGIO

di TRUFFAUT FRANCOIS, FRA 1969,

La storia vera dello scienziato Jean Itard (1774-1838) che all'inizio dell'Ottocento cercò di educare un ragazzo

trovato allo stato brado nei boschi dell'Aveyron, in Francia. È il più grave, radicale, “freddo” dei film di Truffaut.

Non è un apologo umanistico. La sua parola d'ordine è: disubbidire al Padre, una spietata critica a certi metodi

educativi. Sotto la puntigliosa ricostruzione storica, un film poetico che nasce dalla sensibilità e da un grande

amore per l'infanzia.

* ROMUALD & JULIETTE

di SERREAU COLINE, FRA 1989, 104'

Madre di cinque figli avuti da cinque mariti, la nera Juliette fa le pulizie in una fiorente fabbrica di yogurt. Salva il

direttore Romuald da una congiura di palazzo, se lo sposa e lo rende padre per la terza volta (sesta per lei)

* SENTIERI SELVAGGI

di FORD JOHN, USA 1956, 119'

In compagnia di un giovane mezzosangue, a guerra civile finita, Ethan Edwards si mette alla ricerca di una

nipotina, rapita da una tribù di Comanci.

Sullo sfondo della Monument Valley uno dei western più belli di J. Ford a livello figurativo, e uno dei più complessi

su quello narrativo, nella sua mescolanza di tragico e umoristico.

Ethan Edwards va alla ricerca di sé stesso più che della nipotina Debbie, come per trovare una tranquillità

interiore e purgarsi del selvaggio odio razziale da cui è ossessionato. Non ci riesce

* I SETTE SAMURAI

di KUROSAWA AKIRA, GIA 1954, 220'

Nel Giappone del XVI secolo in cui orde di soldati sbandati e dediti al brigantaggio saccheggiano le campagne, la

popolazione di un povero villaggio decide di ricorrere ai samurai, nobile casta di soldati di ventura, nella speranza

di trovare qualcuno disposto a impegnarsi in un'impresa così umile e così poco remunerata. Li trovano.

Selezionati dal saggio e disincantato Kambei (T. Shimura), cinque rispondono all'appello. Il settimo è il contadino

Kikuchiyo (T. Mifune), miles gloriosus che vuole conquistarsi sul campo l'onore di essere promosso samurai.

Nella strenua difesa del villaggio quattro dei sette e molti contadini muoiono da prodi. L'attacco è respinto e nei

campi riprende il lavoro. Molti fattori contribuiscono a fare la grandezza del 14o film di A. Kurosawa: la sapienza

della costruzione narrativa (1 prologo, 1 epilogo e 4 capitoli: la ricerca dei contadini, il reclutamento dei samurai,

l'organizzazione della difesa, la battaglia che dura tre giorni e tre notti); l'ariostesca varietà degli episodi e dei

registri narrativi unita alla bellezza figurativa di questo affresco corale; la straordinaria galleria dei sette,

ciascuno dei quali rappresenta un diverso aspetto della moralità e del comportamento dei samurai; la ricchezza

dialettica nel confronto tra due culture; l'equilibrio tra la toccante elegia dei sentimenti e l'epica turbinosa

dell'azione. L'epilogo è su una nota di virile malinconia: noi samurai – dice Kambei – siamo come il vento che

passa veloce sulla terra, ma la terra rimane e appartiene ai contadini. Anche questa volta siamo stati noi i vinti; i

veri vincitori sono loro

* SMOKE

di WANG WAYNE, USA 1995, 110'

Esordio in sceneggiatura per Paul Auster (1949), autore di 6 romanzi, con una storia ambientata a Brooklyn nella

zona di Park Slope dove Auster vive da una quindicina d'anni. Scandito con fluida eleganza in 5 capitoli che

hanno il nome dei personaggi principali – Paul (W. Hurt), che sta elaborando il lutto della moglie amatissima,

uccisa in una rapina; Rashid (H. Perrineau Jr.), che cerca il padre che non conosce e finisce ospite di Paul;

Auggie (H. Keitel), proprietario di una tabaccheria; Ruby (S. Channing), che ha una benda sull'occhio e vuol

convincere Auggie a occuparsi della figlia tossica che ha avuto da lui; Cyrus (F. Whitaker), con il suo braccio

meccanico – Smoke non racconta una storia, ma sviluppa situazioni il cui epicentro è la tabaccheria nella quale si

raccontano molte storie (e si elogiano le delizie del fumo). È un film molto parlato, con personaggi normali ed

eccentrici insieme che, se esistessero, meriterebbero l'Oscar della simpatia

* Un tranquillo week end di paura

di Boorman, John, USA 1972, 109

Quattro amici di Atlanta (Georgia) decidono di passare un weekend discendendo in canoa il fiume Chattooga che

attraversa la valle della Cahula, prima che il paesaggio sia sconvolto dalla costruzione di una diga. La gita si

trasforma in un incubo di violenza e di morte. Tratto da un romanzo di James Dickey che l'ha sceneggiato e che

compare nel film nella piccola parte di uno sceriffo, il film svolge i temi del confronto tra natura e civiltà, tra mondo

urbano e mondo rurale e della necessità della violenza individuale a contatto con la natura selvaggia.

* TUTTA COLPA DI VOLTAIRE

di Kechiche Abdellatif, FRA 2002,

Arrivato a Parigi in cerca di una vita migliore, Jallel, tunisino immigrato clandestinamente, si spaccia per rifugiato

algerino su consiglio di un amico. E gli promette due cose: di non cacciarsi nei guai e di tenere sempre

duro.

Nella patria di Voltaire solo la seconda promessa verrà mantenuta. Il mondo degli extracomunitari e degli

emarginati è descritto con sguardo lucido, senza consolazioni e, per una volta, anche con schermaglie

amorose e tenerezza. Tutti o quasi cercano di rifarsi una vita e di trovare un posto nella società, ma, tra essere

abbandonati ed abbandonare, la realtà è amara lo stesso.

* VIAGGIO A KANDAHAR

di Makhmalbaf Mohsen, IRAN 2001, 85'

Nafas è una giornalista afghana rifugiata in Canada.

Un giorno riceve una lettera firmata dalla sorella, in cui emerge la volontà di quest'ultima di suicidarsi. E' così

costretta a fare ritorno a Kandahar.

La vicenda è ispirata ad un fatto realmente accaduto all'attrice protagonista Niloufar Pazira: nella realtà a

mandarle la lettera fu un'amica e non la sorella. Dopo Il cerchio di Panahi, un altro film che si occupa della

condizione della donna in un paese integralista: il regista è sempre un iraniano, Makhmalbaf, ma lo scenario è

quello prebellico

dell'Afghanistan. Suggestivo e sentito, un film importante, al di là della situazione internazionale.

* WITNESS - IL TESTIMONE

di WEIR PETER, 1985,

Ferito e braccato da colleghi corrotti, un poliziotto si rifugia in un villaggio degli Amish, comunità cristiana di

origine tedesca che vive di agricoltura rifiutando il progresso tecnologico. I corrotti vogliono eliminare lui e un

bambino, testimone di un omicidio. Buon film d'azione, un thriller diverso che supera i limiti del genere grazie

all'ambientazione e alla vertigine del tempo: è un viaggio nel passato, un confronto tra due modi di vivere.