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Il cinema racconta ...

HANDICAP


* A BEAUTIFUL MIND

di HOWARD RON, USA 2001,

E’ la storia autobiografica di John Forbes Nash Jr. un genio della matematica, vincitore del Premio Nobel nel 1994,

costretto a lottare per molti anni con la schizofrenia. .

Non è un film sulla matematica: è un film sulla fragilità umana e sulla lotta per vincerla. E grazie ad una

sceneggiatura, una regia e a un cast superbi, riesce ad andare ancora più in alto: al di sopra della sofferenza.

* A PRIMA VISTA

di Winkler, Irwin, USA 1999, 129

Cieco dall'età di tre anni, Virgil Adamson riacquista la vista dopo un intervento chirurgico sperimentale e la

riperde. Amy Benic , la donna che l'ama, lascia l'architettura e diventa scultrice. Pur con qualche ingorgo

melodrammatico nella seconda parte, riscattato dalla quieta sobrietà della conclusione, l'analisi psicologica del

rapporto amoroso tra i due protagonisti è condotta con sommessa sapienza, non senza risvolti erotici all'inizio e

la bella sequenza della pioggia

* A PROPOSITO DI HENRY

di Nichols, Mike, USA 1991, 117'

Per una ferita alla testa, avvocato di successo e senza scrupoli perde la memoria e cambia la sua vita dandole

un nuovo indirizzo e un altro senso

* UN ANGELO ALLA MIA TAVOLA

di CAMPION JANE, AUSTRALIA 1990, 158'

Biografia in 3 parti per la TV (ridotta di 50' per il grande schermo) di Janet Frame (1924), la maggiore scrittrice

neozelandese vivente, che, per una diagnosi sbagliata di schizofrenia, patì nove anni di manicomio e 200

elettroshock e si salvò dalla lobotomia grazie a un premio letterario. Basata sull'autobiografia (1983-85) in 3 parti

(Nella tua terra, Un angelo alla mia tavola, L'inviato di Mirror City), nell'adattamento di Laura Jones, è un'opera

che, dopo Sweetie (1988) e prima dell'acclamato Lezioni di piano (1993), fa di J. Campion uno dei cineasti

emergenti degli anni '90. Film sulla letteratura, ma non letterario, notevole per la forte fisicità della scrittura,

l'acume psicologico senza concessioni allo psicologismo, l'arte del suggerire soltanto i passaggi esplicativi, la

capacità di mostrare i grandi spazi, il rifiuto del binomio romantico di genio e follia. Leone d'argento a Venezia

1990 dove, secondo molti, avrebbe meritato l'oro.

* ANNA DEI MIRACOLI

di PENN ARTHUR, USA 1962, 107'

Annie Sullivan (A. Bancroft) è assunta dai coniugi Keller (V. Jory e I. Swenson) per rieducare la piccola Helen

(P. Duke), cieca e sordomuta dalla nascita. L'insegnante di Boston riesce a far passare la ribelle Helen dallo

stato animale a quello umano, e a fare di lei sua figlia, nel senso più profondo della parola. Ispirato a una vicenda

che la stessa Helen Keller raccontò in The Story of My Life, il film deriva da un teledramma (1957) di William

Gibson, diretto dal 35enne A. Penn, e da una pièce (1959) dello stesso Gibson, messa in scena a Broadway

ancora da Penn e interpretata da A. Bancroft, P. Duke e Patricia Neal (rappresentata in Italia con Anna Proclemer

e la 11enne Ottavia Piccolo). È la descrizione epica di una battaglia che culmina nella straordinaria scena di 9

minuti tra Annie e Helen intorno al tavolo da pranzo. Pur non trascurando la complessità sentimentale e

ideologica del testo di Gibson, mette con furia l'accento sulla dimensione fisica della battaglia. Il suo vero tema

non è l'handicap fisico e nemmeno l'insegnamento o la comunicazione, ma il principio stesso della vita e della

liberazione: il modo con cui le energie vitali, se abbastanza tenaci, possono vincere barriere od ostacoli.

Ingiustamente accusato di teatralismo, dunque sottovalutato

* BIANCA

di MORETTI NANNI, ITA 1983,

UN PROFESSORE DI SCUOLA MEDIA VIVE CON PROFONDO DISAGIO MENTALE IL PROPRIO LAVORO E LE

PROPRIE RELAZIONI. ATTORNO A LUI SI VERIFICANO UNA SERIE DI OMICIDI

* BIRDY - LE ALI DELLA LIBERTA'

di PARKER ALAN, USA 1984,

Due amici d'infanzia, reduci dal Vietnam, sono rinchiusi in un manicomio militare.

Birdy è silenzioso, rannicchiato su se stesso, trasognante nel suo delino. Un tempo la sua passione erano gli

uccelli e gli sarebbe piaciuto imparare a volare come loro. Per questo dormiva spesso in gab-bia nudo per

carpirne il segreto del volo

II suo caso sembra senza via d'uscita ma con l'aiuto assiduo dell'amico Al, si risveglia dal suo torpore e si

accinge a spiccare il volo dal muro di cinta dell'ospedale psichiatrico che lo ospita

* Cattiva

di Lizzani Carlo, ITA 1991, 90'

Ai primi del Novecento, ricca signora della borghesia zurighese viene ricoverata in una clinica psichiatrica dopo

la morte della figlia. Il professor Brockner inclina a una diagnosi di schizofrenia, ma un giovane assistente,

attento alle ricerche viennesi del dottor Freud, propende per una nevrosi e riesce a guarirla. Ispirata a un passo

di un libro dello svizzero Carl Gustav Jung (1875-1961), la storia è stata scritta da Francesca Archibugi con

l'aiuto di Furio Scarpelli su misura per la De Sio che offre una bella prova di attrice. Consigliabile ai curiosi di

psicoanalisi e agli amanti del Lario.

* LE CHIAVI DI CASA

di AMELIO GIANNI, ITA 2004, 105'

Gianni, un giovane uomo come tanti, dopo anni di rifiuto, incontra per la prima volta, su un treno che va a Berlino,

suo figlio Paolo, quindicenne con gravi problemi ma generoso, allegro, esuberante. Il loro soggiorno in Germania

e poi un imprevisto viaggio in Norvegia fanno nascere tra i due un rapporto fatto di scontri, scoperte, misteri e

allegria. Dopo tanti anni finalmente riusciranno a conoscersi e scoprirsi lontani da casa.

Ispirato al libro di Giuseppe Pontiggia "Nati due volte". Che cosa succede in una famiglia quando nasce un figlio

handicappato, come si evolvono le paure, le speranze, l'angoscia, le normali esperienze di tutti i giorni. Come

reagiscono i familiari, gli amici, i medici, "la gente", e il padre, la madre, il fratello. I bambini disabili, come

suggerisce il titolo, nascono due volte: la prima li vede impreparati al mondo, la seconda è una rinascita affidata

all'amore e alla intelligenza degli altri. Coloro che nascono con un handicap devono conquistarsi giorno per

giorno, più degli altri il proprio diritto alla felicità. Il libro è un romanzo coraggioso e anticonformista che alterna a

pagine tese, drammatiche e commoventi altre eccentriche o decisamente comiche.

* IL COLLEZIONISTA DI OSSA

di NOYCE PHILLIP, USA 1999, 118'

Pur sull'orlo del suicidio, Lincoln Rhyme, ex poliziotto e noto criminologo, affetto da tetraplegia, accetta di

occuparsi di un serial killer che lascia ogni volta tracce che portano dritto al luogo del delitto successivo dove la

polizia arriva regolarmente in ritardo. Sorpresa finale: una lambiccata vendetta. Da un romanzo (1997) di Jeffery

Deaver, adattato da Jeremy Iacone, un giallo a enigma di clamorosa schizofrenia, diviso tra una scrittura

registica di raffinata sofisticazione, che offre nella prima parte qualche pagina efficace, e una struttura narrativa

puntellata da convenzioni logore e personaggi artefatti.

* DANCER IN THE DARK

di VON TRIER LARS, DAN 2000, 137'

Operaia cecoslovacca, immigrata nell'Est degli USA con il figlioletto Gene, Selma sta diventando cieca, ma lavora

a tutto spiano per accumulare la somma necessaria a far operare il figlio, affetto dalla sua stessa malattia. Evade

dalla dura realtà, trasformandola in termini di musical. Ucciso un poliziotto che l'ha derubata dei risparmi, non fa

nulla per scagionarsi: condannata a morte, è impiccata.

* DI CHI E' LA MIA VITA

di Badham John, USA 1981,

Kenneth Harrison, scultore di grande avvenire, rimasto paralizzato in un incidente, scopre di non poter più

scolpire e di dover dipendere per sempre dalle cure altrui. Anche la pietà di coloro che lo amano aggrava la sua

pena: ingaggia quindi un avvocato per ottenere il diritto all'eutanasia.

* IL DIARIO DI UNA SCHIZOFRENICA

di RISI NELO, ITA 1968, 106'

Liberamente tratto dal libro omonimo di Marguerite Andrée Sécheraye: il calvario di una ragazza malata e dei

metodi terapeutici di cui la sua analista si serve per riportarla alla normalità, raccontato dal punto di vista della

seconda. Ambientato in una clinica svizzera, è uno dei rari film di contenuto psicanalitico corretti, accettabili ed

emozionanti. Hanno collaborato Fabio Carpi e, come consulente, Franco Fornari.

* DIETRO LA MASCHERA

di BOGDANOVICH PETER, USA 1984, 115'

Affetto da una rara malattia (leontiasi) che gli deforma mostruosamente il cranio e il viso, il sedicenne Rocky

Dennis è risarcito dall'amore della madre sgallettata e dalla protezione di una banda di simpatici punk. Alle prese

con una storia non lontana da Elephant Man, Bogdanovich ha il merito di aver fatto un film commovente senza

indulgere né agli effetti né al sentimentalismo.

* LA DONNA SCIMMIA

di FERRERI M., ITA 1963, 100'

Scoperta in un monastero, Maria, donna interamente ricoperta di peli, il trafficone Antonio Focaccia la sposa e la

espone come un fenomeno da fiera. Tra i due nasce l'amore, e poi un bambino. Maria muore di parto e il figlio non

le sopravvive, ma il marito continua a girare le fiere esponendo i corpi imbalsamati. Per intervento del produttore

Carlo Ponti quest'ultima parte fu eliminata. Il film si chiude con la morte della donna barbuta. È un grottesco che

continua con sgradevole genialità il discorso sull'anormalità familiare e sulla dimensione mostruosamente

economica della convivenza sociale avviato con L'ape regina (1962).

* E' STATA VIA

di HALL P'ETER, GB 1988, 105'

Dopo sessant'anni in un ospedale psichiatrico, una vecchia viene affidata a un ricco nipote e alla sua riluttante

moglie. Tra le due donne, però, nasce un'amicizia solidale che è anche il riconoscimento di una diversità, di un

anticonformismo ribelle. La sempre verde Ashcroft vinse a Venezia la coppa Volpi per l'interpretazione

femminile. P. Hall, regista un po' inamidato e accademico, è stato soccorso dal copione di Poliakoff che ha saputo

combinare capacità d'indignazione, lucidità di scelta dei bersagli e destrezza nel colpirli sotto il segno di un'ironia

mordace e leggera.

* EDWARD MANI DI FORBICE

di BURTON TIM, USA 1990, 101'

Un vecchio scienziato muore prima di essere riuscito a fare alla sua meravigliosa creatura tecnoumana le mani

che sostituisce con due paia di forbici. Il giovanotto, che vive in un castello, viene adottato da una famiglia, va ad

abitare nel sobborgo di una moderna città americana, ma è infelice perché odiato dai vicini per la sua diversità.

Pur con qualche ingorgo verso la fine, è la favola più originale uscita da Hollywood da molti anni, nella sua

miscela di tenerezza e crudeltà. Il talento grafico di Burton (il quartiere residenziale di pistacchio e caramello,

l'assurdo e minaccioso castello, Edward che con le sue cesoie tosa i cani e modella cespugli) è al servizio di un

universo intensamente “poe-tico”.

* EL COCHECITO. LA CARROZZELLA

di FERRERI MARCO, SPA 1959, 80'

Per godere della compagnia degli amici superstiti, tutti paralitici, l'ottantenne don Anselmo chiede ai familiari una

carrozzella a motore. Gliela negano, lui li avvelena. 3o e ultimo film spagnolo di M. Ferreri. Apologo crudele e

grottesco sulla vecchiaia e l'ipocrisia dei rapporti familiari borghesi. È anche un ritratto impietoso della Spagna

franchista.

* THE ELEPHANT MAN

di LYNCH DAVID, GB 1980, 125'

Affetto da una grave forma di neurofibromatosi, il mostruoso John C. Merrick (1862-90) diventa un fenomeno da

baraccone e poi ospite privilegiato nel London Hospital, coccolato da ricchi londinesi. Horror in presa diretta sulla

realtà, è un film sulla dignità e il dolore, sull'umanità che si nasconde sotto una maschera mostruosa.

* ELLING

di NAESS PETTER, NOR 2000,

Dopo due anni trascorsi in una clinica psichiatrica, Elling e Kjel hanno la possibilità di uscirne e, grazie

all'assistenza sociale, è loro concesso l'usufrutto di un piccolo appartamento a Oslo.

Piano piano sapranno superare i loro problemi, anche nel dover svolgere le attività più banali, e riusciranno a

integrarsi nella società, Elling attraverso la poesia, Kjel at-treverso l'amore.

* L' ENIGMA DI KASPAR HAUSER

di HERZOG WERNER, GER 1975, 109'

26 maggio 1828: a Norimberga viene trovato giovane un po' tardo abbandonato da tutti. Fra sogno e ambiguità,

Herzog narra con partecipazione autobiografica la vicenda del suo “ragazzo selvaggio”, un caso che da più di

un secolo è oggetto di studi e ricerche e ha ispirato Paul Verlaine, Paul Wassermann, George Trakl e Peter

Handke. Kaspar Hauser incarna l'estraneità assoluta, l'imprevisto che non rientra nelle norme sociali, giuridiche,

religiose. La sua è una “passione laica” per l'apprendimento della vita come linguaggio e comunicazione. Herzog

ne delinea lo spazio popolato di sogni, incubi, angoscia, premonizioni di morte e la segue con rigore visionario,

trovando in Bruno S. un interprete fuori dall'ordinario, lui stesso orfano cresciuto fra riformatori e carceri.

* GLI ESCLUSI

di CASSAVETES JOHN, USA 1963, 102'

In un ospedale per bambini handicappati c'è chi vorrebbe curarli con l'amore e chi invece trova che il metodo

energico è più efficace. La contaminazione tra l'apostolato sociale e lo spettacolo, con un occhio al messaggio e

l'altro alla cassetta, dà risultati stridenti e contraddittori

* FAMILY LIFE

di LOACH KENNETH, GB 1971,

Oppressa dall'ambiente puritano della famiglia, costretta a lasciare il suo ragazzo e ad abortire “per il suo bene”,

Janice si ribella nevroticamente. Finirà in un ospedale psichiatrico. Racconto-inchiesta dalla scrittura sciolta,

rigorosa, onesta che alterna momenti descrittivi a squarci drammatici. La bravura di S. Ratcliff nel disegnare il

personaggio che s'inabissa nella malattia è esemplare

* FIGLI DI UN DIO MINORE

di HAINES RANDA, USA 1986, 118'

Ricoverata a cinque anni in un istituto per sordi, Sarah vi è rimasta per vent'anni come donna delle pulizie finché

incontra un nuovo insegnante anticonformista. Tra i due nasce un amore che vince incomprensioni, ostacoli,

contrasti. Tratto da un dramma teatrale di Mark Medoff, film d'esordio della quarantenne R. Haines, parla al cuore

in triplice modo: abilmente confezionato, efficacemente vivace in alcune scene, sottile in altre, furbo e

accattivante.

* La fossa dei serpenti

di Litvak Anatole, usa 1948, 108'

Dal romanzo di Mary Jane Ward: vittima di una amnesia depressiva, Virginia è curata dal dottor Kirk in una clinica

psichiatrica con l'ipnotismo e la choc-terapia finché, ricoverata nel reparto degli agitati, è così scossa che riesce

a ricordare gli episodi dell'infanzia e dell'adolescenza che l'avevano turbata e guarisce. È ancor oggi il film più

famoso sugli istituti psichiatrici, nonostante il successo di Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975). Molto

discusso sia a livello terapeutico sia per il suo crudo e un po' sensazionalistico resoconto sulla vita in manicomio,

conta soprattutto per l'interpretazione di O. de Havilland e per qualche sequenza descrittiva. 5 nomination agli

Oscar senza vincerne alcuno.

* FREAKS

di BROWNING TED, 1932,

La cinica trapezista di un circo sposa un nano per interesse e poi lo avvelena per impossessarsi del suo

denaro. I “mostruosi” amici del nano lo vendicano tremendamente, trasformandola in uno di loro. Film maledetto e

leggendario, prima prodotto e poi rinnegato dalla M-G-M, unico nella storia del cinema: i “mostri” sono autentici.

Inno alla mostruosità innocente contro la normalità colpevole. Un piccolo classico. Se fosse soltanto la traversata

di un mondo teratologico, sarebbe il frutto di un sensazionalismo abietto come Mondo cane, ma l'occhio del

regista ha rispetto e compassione per i suoi personaggi sensibili e vulnerabili. Subì diversi tagli in molti stati

dell'Unione e fu per trent'anni proibito nel Regno Unito.

* Freud, passioni segrete

di Huston John, GB 1962,

Sono condensati gli avvenimenti di un quinquennio (1885-90) importante nella vita di Sigmund Freud con una

duplice indagine: quella dei ricordi d'infanzia di Cecilia, ragazza isterica, e quella sui ricordi dello stesso Freud.

Più che biografico, è il rapporto sull'avventura della mente. Opera più che decorosa, qua e là fascinosa, che

naviga in difficoltà tra le secche dello sceneggiato didattico e gli scogli dell'aneddotica hollywoodiana. La

sceneggiatura di Charles Kaufman e Wolfgang Reinhardt conserva alcune delle migliori idee di quella esorbitante

(1100 pagine) che Jean-Paul Sartre aveva approntato per Huston.

* Il gabinetto del dottor Caligari

di Wiene Robert, ger 1920,

Nella cittadina tedesca di Holstenwall intorno al 1830 il dottor Caligari esibisce in un baraccone da fiera il

sonnambulo Cesare, inconsapevole esecutore dei suoi delitti. Lo studente Franz scopre che Caligari è il direttore

di un manicomio e lo smaschera. In una sequenza finale, ambientata nel manicomio, si viene a sapere che Franz

è pazzo e che tutto il racconto è frutto di una sua ossessione. Responsabile della scelta, per le scene (tutte

dipinte) e i costumi, dei pittori Walter Reimann, Walter Röhrig e dell'architetto Herman Warm e del regista R. Wiene

(che sostituì Fritz Lang), il produttore Erich Pommer aggiunge il finale (e il prologo) alla sceneggiatura di Carl

Mayer e Hans Janowitz. I due protestarono perché l'espediente contraddiceva le loro intenzioni satiriche contro

l'autoritarismo prussiano che tende a trasformare gli uomini in automi. Opera espressionistica per eccellenza,

capolavoro del muto di straordinaria influenza sul cinema successivo, è probabilmente il 1o film di culto della

storia del cinema, il 1o film horror di valore e il 1o a proporre la teoria che il terrore psicologico può essere

spaventevole quanto quello fisico. Oltre alla sua forza claustrofobica figurativa – frutto di un coerente apporto di

scene, costumi, illuminazione, recitazione – che crea un mondo di caos, paura, incomunicabilità, il film è assai

moderno nella sua tematica per l'intersecazione dei suoi livelli di realtà e l'ironica ambiguità del suo scioglimento.

Analisi del film: P. Bertetto, C. Monti, Robert Wiene, Il gabinrtto del dottor Caligari, Lindau, Torino

* Un giorno di ordinaria follia

di Schumacher Joel, usa 1993, 115'

Los Angeles, estate 1992, caldo torrido. Bill rimane bloccato con l'auto in un ingorgo, scende, la chiude e “va a

casa” con una passeggiata di quaranta chilometri che si trasforma in un'odissea violenta. A quella di Bill fa da

riscontro la vicenda parallela di un poliziotto al suo ultimo giorno di servizio. È lui che intuisce l'itinerario di sangue

e violenza che Bill traccia attraverso la città. Sarà lui a fermarlo. Tirato come un cavo ad alta tensione,

attraversato da lampi di umorismo sull'assurdità della vita metropolitana, sapientemente giocato sui binari delle

due azioni parallele, il film ha una prima parte quasi perfetta e un finale rassicurante con qualche caduta nella

parte centrale.

* IL GRANDE COCOMERO

di ARCHIBUGI FRANCESCA, ITA 1993, 100 '

Alle prese con la dodicenne Pippi (A. Fugardi), figlia di borgatari arricchiti e affetta da ricorrenti crisi epilettiche,

Arturo (S. Castellitto), psichiatra infantile, tenta – contro le apparenze e le norme – una terapia analitica. Ispirato

alle esperienze del neuropsichiatra Marco Lombardo Radice, è il caso raro di un film italiano con un eroe positivo,

un personaggio vincente. Con una tecnica drammaturgica attenta alle dinamiche del cinema americano e alla

lezione della miglior commedia italiana, F. Archibugi racconta con cura intelligente l'ambiente ospedaliero, il

retroterra familiare dei personaggi, le figure minori. È un film aperto alla forza dell'utopia, segnato da un

pessimismo attivo e da una stoica compassione. La regista penetra nel mondo infantile, comportandosi come un

ospite, e si muove in quello del dolore con la leggerezza pensosa di chi sa dosare umorismo e rispetto, affetto e

lucidità.

* HOMER & EDDIE

di KONCHALOVSKIJ ANDREIJ, USA 1989, 96'

Lui (Belushi) è un cerebroleso per colpa di una palla di baseball che vuole far visita al padre moribondo benché

l'abbia diseredato; lei (Goldberg), minata da un tumore, gli offre un passaggio in auto. Viaggiano attraverso gli

States, commettendo furtarelli, verso un epilogo funesto. 6o film made in USA del russo Koncalovskij che non si

trova a suo agio con i tempi e i modi del cinema su strada e preme troppo l'acceleratore del dolore e

dell'emarginazione.

* Ivo il tardivo

di Benvenuti Alessandro, ita 1995, 107'

Uscito dal manicomio, il quarantenne Ivo torna al toscano paese natio, vive solo nella casa paterna abbandonata,

s'innamora dell'analista Sara, combina guai, mette a frutto il suo talento naturale per pittura e rebus, fa amicizia

con un quartetto di altri “matti”, crea bellissimi murales che le scolaresche del posto visitano. Ivo come cartina di

tornasole per i limiti e i difetti dei “normali”. La malattia mentale come variante della normale eccentricità, il

volontariato sociale come pratica della bontà intelligente. Un Forrest Gump in salsa toscana? Strano, divertente,

doloroso, questa commedia in cadenze (e con finale) di favola ha forse il torto di non scegliere con maggiore

decisione la via da battere.

* LAMA TAGLIENTE

di THORNTON BILLY BOB, USA 1998, 130'

"Lama tagliente" è la storia di un disabile mentale di nome Karl Childers che, uscito dall'istituto di cura dove aveva

trascorso più di vent'anni, ritorna alla società. Sulle prime viene imprevedibilmente accolto. Tutti sono

consapevoli della sua menomazione, alcuni lo deridono chiamandolo ritardato, ma il suo dramma edipico (a 12

anni uccise con un coltello la madre e il suo amante cafone) sembra ormai lontano. Karl instaura con un bambino,

della stessa età di quando lui commise il duplice delitto, un delizioso rapporto, emozionante, basato su una

completa considerazione reciproca. Tuttavia il bambino ha una madre vedova, vive con un uomo molto rozzo che

la vessa e non sopporta il figlio e che, naturalmente, si vorrebbe sbarazzare anche di Karl. Così, vent'anni dopo,

si ripropone lo stesso dramma…

* LEZIONI DI PIANO

di CAMPION JANE, FRA 1993, 118'

Nel 1825, venuta dalla Scozia, sbarca in Nuova Zelanda Ada, muta fin da bambina, sposa per procura a un

coltivatore inglese, con una figlia di nove anni, i bagagli e un pianoforte. Un vicino di casa, maori convertito,

l'aiuta a recuperare il piano che il marito rifiuta, e diventa il suo amante tra lo scandalo della piccola comunità

locale. 3o film della neozelandese J. Campion (1955), è un dramma che coniuga il romanticismo gotico di Emily

Brontë con l'acceso erotismo di D.H. Lawrence, filtrandoli attraverso la sensibilità e la lucidità di una donna di

oggi che rifiuta l'ipoteca del pessimismo tragico

* Manila Paloma Bianca

di SEGRE DANIELE, 1992,

Ex attore, ricoverato più volte nei reparti psichiatrici degli ospedali di Torino, città che non è la sua e dove

vivacchia di espedienti con domicilio variabile, Carlo (C. Colnaghi) fa figura di un “extraterrestre con un'oliva in

mano”. Conosce Sara Treves (A. Comerio) e, attraverso di lei, il microcosmo ebraico torinese. S'installa nella

bella casa di lei in una ambigua e casta relazione e cerca inutilmente di riaccostarsi al teatro, scrivendo un

monologo. Anche Sara, impaurita, lo mette alla porta. Carlo ritorna alla vita, ai fantasmi, alle ossessioni di sempre.

Film anomalo come un meteorite nel panorama del cinema italiano, rigoroso, ruvido, duro con momenti di

struggente tenerezza, è imperniato, in bilico tra realtà e finzione, su Colnaghi, soggettista e soggetto,

impressionante per la sua epica antirecitazione, maschera e volto

* Matti da slegare

di Agosti Silvano; Bellocchio M.; Rulli; Petraglia, ITA 1975, 135'

Girato in 16 mm nel manicomio di Colorno e finanziato dalla provincia di Parma, è la riduzione di Nessuno o tutti,

film documento in due parti (“Tre storie”, “Matti da slegare”) di 100' ciascuna, distribuito nel circuito alternativo di

ospedali psichiatrici, scuole, cineclub, circoli politici e culturali. Non ha pretese scientifiche. Non è – in senso

stretto – nemmeno un'inchiesta, ma piuttosto una testimonianza e una denuncia. La tesi è racchiusa nel titolo: i

malati mentali sono persone “legate” in molti modi e per diverse cause. Se si vuole curarli (non guarirli, ma almeno

impedire che vengano guastati dai metodi tradizionali) occorre slegarli, liberarli, reinserirli nella comunità. Il film

dice che: a) spesso la malattia mentale ha origini sociali, di classe; b) l'irrazionalità degli asociali è una risposta

all'irrazionalità della società; c) l'assistenza psichiatrica non è soltanto uno strumento di segregazione e di

repressione, ma anche di sottogoverno e di potere economico; d) lo psichiatra è formalmente un uomo di

scienza, ma in sostanza un tutore dell'ordine come il poliziotto e il carceriere. Il film conta e vale come atto di

amore e di rispetto per l'uomo che, anche quando è “diverso” e malato in modo sconvolgente (catatonici,

mongoloidi, paranoici, schizofrenici) è sempre preso sul serio. La finale festa danzante è un grande momento di

cinema. Vale anche per la capacità di rivelazione degli esseri umani, capaci per ragioni soltanto in parte

spiegabili di diventare personaggi.

* LA MERLETTAIA

di GORETTA CLAUDE, SVI 1977, 107'

Da un romanzo di Pascal Lainé: nella cittadina balneare di Cabourg studente universitario di famiglia agiata e

Beatrice detta Pomme, parrucchiera apprendista, si conoscono, si amano, decidono di convivere in un

appartamentino a Parigi. Lui si disamora, lei se ne va in silenzio, si ammala di anoressia, è ricoverata in un

ospedale psichiatrico. Una delle più belle storie d'amore degli anni '70 per delicatezza e profondità. È anche la

storia di un delitto, di una demolizione, una metafora del modo con cui la ricca borghesia sfrutta la classe

lavoratrice, una riflessione sulla donna come oggetto di consumo

* MI CHIAMO SAM

di NELSON JESSIE, USA 2001, 130

Sam Dawson ha il QI di un bambino, ma se la cava come cameriere e soprattutto come padre attento e amoroso

di una figlia di sette anni, abbandonata dalla madre subito dopo il parto. Interviene l'assistenza sociale: non

sarebbe meglio affidare la bimba a una famiglia normale? Il caso arriva in tribunale dove un'ardente e competente

avvocatessa difende con successo le ragioni del cuore.

* IL MIO CORPO TI APPARTIENE

di ZINNERMANN FRED, USA 1950, 85'

In una clinica specializzata un reduce di guerra paraplegico cerca di riadattarsi alla vita civile. Scritto da Carl

Foreman, è un dramma semidocumentario apprezzabile per l'autenticità del suo realismo. Fece sensazione negli

USA per la rappresentazione senza ipocrisie del problema sessuale. 1o film di Brando (1924): eccellente

* IL MIO PIEDE SINISTRO

di SHERIDAN J., USA 1989,

Storia vera di Christy Brown (1932-81), nono di tredici figli di una famiglia operaia irlandese, paraplegico dalla

nascita, che riuscì a esprimersi col piede sinistro, diventando un apprezzato pittore e scrittore. Opera prima

dell'irlandese J. Sheridan, ha molti meriti: la performance tormentata di D. Day-Lewis (premio Oscar come

protagonista insieme con B. Fricker, la madre, premiata come non protagonista) e, nonostante il taglio edificante

e nobilmente irrealistico del racconto, una ruvida sobrietà nella descrizione dell'ambiente operaio, con tocchi di

umorismo e notazioni che rimandano alla Dublino di Joyce, più volte citato, e alla Liverpool di Terence Davies.

* I misteri di un'anima

di Pabst Georg Wilhelm, GER 1926, 71'

Rientrato a casa della moglie, un chimico viennese apprende che un cugino, in procinto di ritornare dall'Asia, gli

ha inviato un'antica spada giapponese e una statuetta. Entra in una crisi depressiva, ha spaventevoli incubi

notturni, scopre di essere affascinato dagli utensili da taglio e di avere impulsi aggressivi verso al moglie. Si

rivolge a uno psicanalista che dopo molte sedute l'aiuta a individuare l'origine e la causa delle sue ossessioni e a

liberarsene. Per tradurre in immagini la sceneggiatura di Colin Ross e Hans Neumann, G.W. Pabst chiese prima a

Sigmund Freud (che rifiutò), poi a due suoi allievi (Karl Abrahams e Hanns Sachs) una consulenza scientifica. Al

di là della sua importanza storica, il 4o film dell'austriaco Pabst (1885-1967) rimane, nonostante l'handicap del

muto e l'idillica lieta fine, un film interessante e avvincente per l'equilibrio tra la dimensione estetica e quella

esplicativa e la ricchezza delle invenzioni visive: la tecnica psicanalitica offre al regista un metodo di

esplorazione e non l'occasione di una predica destinata a far passare una verità rivelata.

* NICK E GINO

di YOUNG ROBERT M., USA 1988, 111'

Nick Luciano, addetto alla nettezza urbana, ritardato mentale, divide la stanza col fratello Gino, giovane medico

che, pur protettivo verso Nick, vorrebbe vivere pienamente le proprie ambizioni e far carriera. Melodramma con

la sordina sui temi dell'amore, della compassione, delle responsabilità. Bella e severa la 1ª parte, poi si va verso

un improbabile thriller. Liotta sopra le righe, ma Hulce non è mai stato così bravo.

* OLTRE IL GIARDINO

di ASHBY HAL, USA 1979, 130'

Un giardiniere ignorante, e da anni imbottito solo di TV, viene scambiato per un famoso e saggio filosofo. Di

equivoco in equivoco diventa una celebrità nazionale, e viene ricevuto alla Casa Bianca come consigliere. Scritta

da Jerzy Kosinski (1933-91) che ha adattato il proprio romanzo Presenze (1971), è un'amara, aguzza,

divertente parabola satirica sulla società americana nell'epoca della TV. Penultima e memorabile interpretazione

di Sellers (1925-90).

* L' OTTAVO GIORNO

di Van Dormael, Jaco, FRA-BELG 1996, 118'

Uomo d'affari che al lavoro e al successo ha sacrificato gli affetti e sé stesso, Harry (D. Auteuil) conosce il

mongoloide Georges (P. Duquenne), uomo libero cui nulla può impedire di essere buono e generoso. Harry fa

quel che deve fare, Georges quello che vuole. È il secondo, l'emarginato, che aiuta il primo, l'integrato, a

cambiare e a liberarsi.

* IL PAESE DEL SILENZIO E DELL'OSCURITA'

di HERZOG WERNER, GER 1975, 85'

Per compiere questo viaggio al termine della notte il regista bavarese (1942) ha avuto per guida la dolcissima e

volitiva Fini Straubinger, sorda e cieca che gli fa da guida - e da interprete attraverso un alfabeto digitale e tattile

- in una serie di visite a persone sorde e cieche o a istituzioni che a Monaco di Baviera li accolgono. È qualcosa

di più di un documentario, sia pure straziante. I sordo-ciechi sono “esponenti di un'umanità estrema che può

raggiungere vertici di profondità altrimenti insondabili ... e quindi diventano per Herzog la base amata necessaria

per produrre immagini e suoni non compromessi da una retorica quotidiana...” (Fabrizio Grosoli). È anche un film

sul cinema, sull'apprendistato della visione. Per Herzog gli spettatori sono dei sordo-ciechi che hanno da essere

rieducati all'esercizio dei loro sensi ottusi dall'abitudine. Non pochi i momenti di sconvolgente emotività: l'incontro

tra la Straubinger e Vladimir, sordo-cieco dalla nascita e handicappato psichico; la scena in cui un contadino,

nato sordo e diventato cieco in età adulta, va ad abbracciare un albero.

* Il paese del silenzio e dell'oscurità

di Herzog, Werner, GER 1971, 85'

Per compiere questo viaggio al termine della notte il regista bavarese (1942) ha avuto per guida la dolcissima e

volitiva Fini Straubinger, sorda e cieca che gli fa da guida - e da interprete attraverso un alfabeto digitale e tattile

- in una serie di visite a persone sorde e cieche o a istituzioni che a Monaco di Baviera li accolgono. È qualcosa

di più di un documentario, sia pure straziante. I sordo-ciechi sono “esponenti di un'umanità estrema che può

raggiungere vertici di profondità altrimenti insondabili ... e quindi diventano per Herzog la base amata necessaria

per produrre immagini e suoni non compromessi da una retorica quotidiana...(Fabrizio Grosoli).

* PRIMA DEL TRAMONTO

di WINER HARRY, 1990,

* I pugni in tasca

di Bellocchio Marco, ITA 1965, 107'

In un'agiata casa borghese di Bobbio (PC) una madre cieca vive di ricordi con 4 figli, uno dei quali, epilettico ed

esaltato, la elimina e uccide anche un fratello deficiente. Colpito da una crisi è lasciato morire dalla sorella. Dopo

Ossessione di Visconti non c'era mai stato nel cinema italiano un esordio così clamoroso e autorevole. Non c'è

più stato nemmeno nei 20 anni seguenti. Bellocchio sfida il grottesco senza cadervi. Duro, crudele, angoscioso.

* QUALCUNO VOLO' SUL NIDO DEL CUCULO

di FORMAN MILOS, USA 1975, 133

Da un romanzo di Ken Kesey: pregiudicato, trasferito in clinica psichiatrica, smaschera il carattere repressivo e

carcerario dell'istituzione. La rivolta dura poco, ma lascia qualche segno. Premiato con 5 Oscar (film, regia,

Nicholson e Fletcher, sceneggiatura di Bo Goldman e Laurence Hauben) – come non succedeva da Accadde

una notte (1934) – è un film efficacemente e astutamente polemico sul potere che emargina i diversi e sul fondo

razzistico della psichiatria.

* RAGAZZE INTERROTTE

di MANGOLD JAMES, USA 1999, 127'

Susanna, diciottenne depressa di buona famiglia, è internata per due anni in un ospedale psichiatrico, per

guarire da una malattia mentale indefinita. Ne esce arricchita dall'amicizia – fatta di confronti e di scontri con altre

pazienti, più di lei sulla borderline tra normalità e malattia – pronta ad affrontare la vita. Dal romanzo

autobiografico La ragazza interrotta di Susanna Kaysen, sceneggiato dal regista con 2 donne , uno

psicodramma claustrofobico al femminile che è anche un racconto di formazione e un viaggio iniziatico.

Coinvolgente sul piano della comunicazione emotiva più che su quello espressivo, è un film d'attrici

* RAIN MAN

di LEVINSON BARRY, USA 1988,

Viaggio da Cincinnati a Los Angeles di un disinvolto commerciante d'auto e di suo fratello, autistico con genio

matematico. Divertente, commovente, ruffianello, conta specialmente per D. Hoffman e il suo istrionismo

raffreddato. 4 Oscar: film, regia, sceneggiatura (Ronald Bass e Barry Morrow), D. Hoffman. Orso d'oro al

Festival di Berlino 1989.

* RATBOY

di LOCKE SONDRA, USA 1986, 105'

Peripezie di un ragazzo-topo di provenienza sconosciuta sfruttato per denaro da una vetrinista che l'ha scovato

e da un gruppo di cinici senza scrupoli. Lieta fine garantita. Esordio nella regia di S. Locke con gli abituali

collaboratori di Clint Eastwood – all'epoca suo compagno nella vita – in una favola drammatica dai risvolti sociali

che non esce dalle convenzioni del genere.

* RISVEGLI

di MARSHALL PENNY, USA 1990, 116'

Tratto dal ponderoso libro di Oliver Sacks che era una relazione medica sui “miracoli” indotti dalla droga L-Dopa

somministrata tra il 1969 e il 1973 nel Mount Carmel Hospital di New York a più di duecento malati, sopravvissuti

a una grave epidemia di encefalite letargica (malattia del sonno) che si era diffusa nel mondo tra il 1917 e il 1927,

il film, sceneggiato da Steven Zaillan, sviluppa una delle venti storie, quella del risveglio di Leonard L. Mediocre

in termini estetici e ruffiano nei confronti dello spettatore, è una sagra degli stereotipi del cinema ospedaliero in

salsa hollywoodiana che censura, inzucchera, banalizza e mistifica la materia del libro. Qualche momento di

autentica malinconia e un imperdonabile finale sdolcinato. R. De Niro attraversa da virtuoso tutte le fasi della

malattia in una sarabanda mimica quasi oscena. R. Williams, contenuto e volutamente in sordina, è superbo.

* SCENT OF WOMAN

di BREST MARTIN, USA 1993, 148

* La seconda ombra

di Agosti, Silvan, ITA 2000, 84'

Un episodio nella vita di Franco Basaglia (1924-80), il più noto esponente dell'antipsichiatria italiana. La sua opera

portò alla legge 180 del 1978 sull'abolizione degli istituti manicomiali che poi fu soltanto parzialmente applicata.

L'azione si svolge nel 1961 quando Basaglia prese la direzione dell'ospedale psichiatrico di Gorizia. Si divide in 3

parti: 1) Basaglia in incognito percorre le miserie umane del manicomio; 2) la sua attività per “liberare tutti, anche i

medici”, occupandosi dei malati (i matti che “tuttavia” sono persone) più che della malattia; 3) la grande

sequenza notturna in cui si abbatte il muro che separa i malati dalla città. Il titolo allude all'interiorità del malato, il

luogo in cui si rifugia con la sua diversità. Film a basso costo (con un ottimo R. Girone a paga sindacale), fuori

dagli schemi, intenso nella sua semplicità che non è soltanto didattica

* SENZA PELLE

di D'ALATRI ALESSANDRO, ITA 1994, 90

La vita quieta di una coppia piccoloborghese a Roma – lei impiegata alle Poste, lui conducente d'autobus – è

turbata dall'ossessivo corteggiamento di Saverio, giovane psicolabile e ipersensibile, innamorato della donna. Lei

è imbarazzata; lui, superati i primi impulsi di gelosia aggressiva, cerca di capire l'intruso e la sua diversità,

sentendosi un po' santo, un po' fesso. Un'idea forte di partenza, sviluppata senza divagazioni né demagogia

sentimentale con una conclusione che apre uno spiraglio di speranza per il giovane Saverio.

* SESSION 9

di Anderson Brad, USA 2001, 96'

Un vecchio manicomio da ristrutturare.

Un lavoro da svolgere al massimo in una settimana: cinque uomini impegnati a rimuovere tutto l'amianto che si

trova negli ampi spazi dell'edificio, prima che i lavori di ripristino vero e proprio della struttura possano partire.

Non è la prima volta che vengono descritte le influenze di luoghi sinistri e minacciosi sulla psiche di un gruppo di

individui sempre più isolati.

Dalla sua Session 9 sceglie un interessante punto di vista operaio e proletario, ma il tentativo nel finale di dare

una pennellata razionale non lo aiuta ad avere il coraggio di andare oltre la logica fino in fondo.

* SHINE

di HICKS SCOTT, AUSTRALIA 1996,

Anomala biografia del pianista David Helfgott – australiano di nascita, ebreo e polacco di origine, oggi

cinquantenne, sposato e ancora in giro a dar concerti – che, stritolato da un padre-padrone oppressivo,

sprofonda per un decennio in un tracollo nervoso che lo fa entrare e uscire da cliniche psichiatriche fino

all'incontro e all'amore di una gentile signora di quindici anni più vecchia di lui.

* UNA STORIA VERA

di MANDOLD LUIS, USA 1987, 110'

Gaby Brinner, nata nel 1947 a Città del Messico con la sola mobilità del piede sinistro e col cervello intatto, impara

a comunicare e a leggere. Nel 1979 scriverà la sua autobiografia che è la fonte di questo film. L'esordiente R.

Levin e L. Monoson, il ragazzo handicappato che s'innamora di lei sono attendibili e credibili. L. Ullman e R.

Loggia, i genitori, recitano con misura pari all'efficacia, ma chi dà più di tutti l'acqua della vita a Gaby è l'argentina

N. Aleandro. Quand'è di scena col suo silenzio e i suoi sguardi, è una presenza che illumina lo schermo. Ha ben

meritato la nomination all'Oscar.

* TEMPO VERO

di SEGRE DANIELE, 2001,

Convinti della necessità e dell'importanza di informare e sensibilizzare la popolazione e gli operatori, AUSL e

Provincia di Reggio Emilia, in collaborazione con AIMA e Assessorato alla Sanità della Regione Emilia Romagna,

hanno affidato al regista Daniele Segre l'incarico di realizzare un film sul tema delle demenze.

Il film, che nasce da una stretta collaborazione tra familiari, operatori dei servizi, Associazione e regista, vuole

rappresentare alcune situazioni, tra le tante e diverse possìbili, vissute da tutti coloro che, per motivi diversi,

devono confrontarsi ogni giorno con la malattia di Alzheimer.

* UOMINI E TOPI

di SINISE GARY, USA 1992, 111'

Nei primi anni '30 della Depressione le peripezie di due braccianti itineranti, uno dei quali sfrutta – e, insieme,

protegge – l'altro , dotato di una forza da Maciste e di un cervello da bambino.

3o adattamento del noto romanzo (1937) di John Steinbeck (1902-68), premio Nobel 1962 per la letteratura.

Nonostante l'egregia fattura (sceneggiatura dello scrittore Horton Foote, fotografia di Kenneth MacMillan), il

risultato è quello di un'inutile operazione di recupero, di un gusto illustrativo che qua e là sconfina nell'oleografia

rurale di maniera, senza una profonda motivazione che non sia quella di offrire a J. Malkovich, nella parte del

gigantesco e infantile Ben, uno di quei personaggi che ogni attore sogna.

* UOMINI E TOPI

di MILESTONE LEWIS, USA 1939, 107'

Nei primi anni '30 della Depressione le peripezie di due braccianti itineranti, uno dei quali (B. Meredith) sfrutta – e,

insieme, protegge – l'altro (L. Chaney), dotato di una forza da Maciste e di un cervello da bambino. Epilogo

tragico. Prodotta da Hal Roach e sceneggiata da Eugene Solow, è l'efficace e fedele versione del romanzo

(1937) di John Steinbeck (1902-68), archetipo di un classico motivo della narrativa nordamericana (dunque del

cinema hollywoodiano): l'amicizia virile. Recitato benissimo da tutti, giovò soprattutto alla carriera di Chaney Jr.

(1905-73) che poi, sulla scia del padre, fece fortuna nel cinema di spavento.

* L' UOMO CHE SUSSURRAVA AI CAVALLI

di Redford, Robert, USA 1998, 169'

Dal romanzo omonimo (1995) di Nicholas Evans, sceneggiato da Eric Roth e Richard Lagravenese. Figlia di ricchi

professionisti , la quattordicenne Grace MacLean è vittima a New York di un incidente stradale in cui muore una

cara amica, lei perde una gamba e il suo amato purosangue Pilgrim rimane malconcio. Convinta che l'avvenire

della figlia sia legato a quello del cavallo, la madre Annie si reca con la figlia in una fattoria del Montana dove vive

Tom Booker, celebre per la sua conoscenza dei cavalli. Lunga la cura: Grace e il suo Pilgrim guariscono, Annie

s'innamora di Tom, ma decide di continuare la sua vita accanto al marito e alla figlia.

* L' UOMO SENZA VOLTO

di GIBSON MEL, USA 1993, 156'

Il professor McLeod, dal volto sfigurato, vive in isolamento in una casa-castello del Maine. Il dodicenne Chuck,

con madre al quarto matrimonio e il ricordo di un padre matto, sogna di entrare a West Point ma ha paura di non

farcela. I due sono destinati a incontrarsi, a capirsi, a diventare l'uno maestro dell'altro e poi amici. La città

maligna li separa e il professore è allontanato dall'allievo con l'infamante accusa di pedofilia.

* LA VITA SOGNATA DAGLI ANGELI

di ZONCA ERICH, FRA 1998, 117'

Nella città di Lille la storia di un'amicizia femminile tra due ventenni, la bruna, solare, generosa Isa (E. Bouchez) e

la bionda, mutevole, selvaggia Marie (N. Régnier), tutta chiusa nella sua rivolta asociale e autodistruttiva.