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Buon futuro !
Paolo e Luciana
31 dicembre 2008
Dicevamo l’anno scorso: “E’ difficile avere certezze sul passato. Figuriamoci sul futuro, anche se prossimo”
Forse, del tutto inconsciamente, eravamo i parlanti di una profezia.
Dicono che il tempo che viene sarà difficile: non ci sono teorie economiche, sociali e politiche in grado di indicare con sicurezza i passi da fare. Tutte le grandi ideologie hanno fallito: e forse questo è l’unico valore rintracciabile nel terribilis 2008 che sta scompaginando la terra.
Tuttavia, dentro ciascuno di noi, sentiamo un sussurro: … occorre continuare a vivere …
Sopravvivere.
Anche nel deserto del passo dopo passo dentro un ambiente ostile, qualche attrezzo già sperimentato si farà utile.
Cominciamo con la disposizione d’animo
Sostiene Arthur Schopenhauer che “la vita è un compito da elaborare”, e che “per andare per il mondo è necessario equipaggiarci di una gran riserva di cautela e di indulgenza: quella protegge da danni e perdite, questa da liti e da brighe”. Ma in altre pagine è ancora più preciso e sembra parlarci al presente: “hanno diritto di preoccuparci soltanto i mali futuri di cui sappiamo per certo che verranno e quando verranno. Saranno però ben pochi; perché i mali sono o soltanto possibili (o tutt’al più probabili), o sono sicuri, ma è del tutto incerto il momento in cui ci colpiranno. Se ci si lascia prendere la mano dagli uni o dagli altri non si avrà più un momento di pace. Così, per non privarci di ogni tranquillità a causa di mali incerti o indefiniti, dobbiamo abituarci a pensare agli uni come se non dovessero venire mai, e agli altri come se non dovessero, comunque, venire tanto presto”.
Poi facciamo affidamento sulla nostra capacità di pensare
Sostiene Julian Biaggini:
Ci sono tre cose necessarie perché l’io continui a vivere. La prima è la continuità corporea, cioè il fatto che il corpo continui a funzionare. La seconda è la continuità psicologica che si appoggia sulla continuità della coscienza, dei pensieri, delle idee, dei ricordi, dei progetti, delle convinzioni. La terza condizione è la presenza di una qualche parte immateriale della persona. Quell’oggetto intangibile che molti chiamano “anima” (pur dando a questa parola significati diversi). Delle tre, la seconda è quella che possiamo elaborare con i nostri mezzi. “Penso dunque sono” riflette la verità che siamo la somma di ciò che pensiamo, sentiamo, crediamo, desideriamo. E se qualcuno, magari non è d’accordo si faccia questa domanda: “che cos’è questo “tu” che non è d’accordo?”
Ancora: disponiamoci a fare qualcosa di adatto al buio
Sostiene Carl Gustav Jung che “noi non possediamo il presente ma vi entriamo lentamente crescendo” e che “calando il meriggio dell’esistenza, ciò che occorre è semplificazione, limitazione e interiorizzazione, ossia cultura individuale”.
Si tratta anche di fare cose semplici, con atteggiamento consapevole ed attento:
“Se dovessi vivere in un paese straniero, mi cercherei una o più persone che mi paiano amabili e mi renderei loro utile, perché mi pervenisse dall’esterno una certa libido, anche se in una forma un po’ primitiva, come potrebbe essere lo scodinzolio di un cane. Terrei a casa animali e piante per procurarmi la gioia di vederli crescere. Mi circonderei di cose belle, di oggetti, colori, suoni. Gusterei le gioie della tavola. Non esiterei, quando l’oscurità si facesse più fitta, a spingermi sino alle radici più profonde, finché nel dolore stesso non si faccia strada una luce, perché in excessu affectus la natura stessa si tramuta nel contrario“.
Infine: fidiamoci delle buone tradizioni
Sostiene Enzo Bianchi che ci sono quattro comandi di origine contadina capaci di edificare un’etica laica:
Fa’ el to duvèr, cherpa ma và avanti. Che è una specie di traduzione dell’imperativo categorico kantiano: fare il proprio dovere a costo di crepare è il fondamento dell’etica individuale.
Esagerùma nenta!. Non esageriamo.
L’è questiun ‘d nen piessla. Si tratta di non prendersela. La vita era dura, sovente grama, le disavventure più frequenti di oggi e non coperte da previdenze ed assicurazioni. Allora si poteva solo “non prendersela”, attenuare il dolore, cercare di fermare la sofferenza, allargare lo sguardo al di là del male che aveva colpito, e reagire per continuare a vivere senza farsi paralizzare dalle disgrazie.
Mes-ciùma nenta el robi. “Non mescoliamo le cose”. Ogni evento, esperienza, vissuto ha il suo genere ed il suo ordine.
Insomma: quattro passi per attraversare l’anno.
Buon cammino nel 2009
Le citazioni sono state riprese e talvolta rielaborate da questi testi:
Arthur Schopenhauer, Anni e errori, Acquaviva Edizioni, 2001, pagg. 17 e 37
Arthur Schopenhauer, Aforismi per una vita saggia, Rizzoli Bur, 1993, p. 168
Julian Biaggini, Jeremy Stangroom, Pensi quello che pensi di pensare? (2006), Cairoeditore, 2008, pagg. 168-169, 173
Opere di Carl Gustav Jung a cura di Luigi Aurigemma, Vol. 10, Bollati Boringhieri, p. 49
Opere di Carl Gustav Jung a cura di Luigi Aurigemma, Vol. 8, Bollati Boringhieri, p. 70
Carl G. Jung, Esperienza e mistero. 100 Lettere, a cura di Aniela Jaffé (1975), Boringhieri, 1982, p. 149-150
Enzo Bianchi, Il pane di ieri, Einaudi, 2008, p. 9-13